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Erasmus 20-22

C3 Against the Flood 3-7 October 2022

Il saluto del Dirigente scolastico ai ragazzi e ai docenti di Francia Italia Olanda e Spagna

Nel capitoletto conclusivo di un suo breve saggio [Homo sum: essere umani nel mondo antico] Maurizio Bettini riprende il racconto mitologico sulle origini di Roma che ci raccontavano nei primi anni di scuola.

Enea e i profughi troiani hanno raggiunto l'Italia e sono accolti dalle genti che abitano queste terre, quindi sposa Lavinia, figlia del re Latino.

Certo Giunone e Zeus ci mettono lo zampino (Giunone è avversa ai Troiani, Giove li protegge…)  e le cose si complicano finché, raggiunto un accordo tra di loro, segue la pace e la fusione tra i due popoli, i discendenti  fondano la città di Alba Longa, nascono Romolo e Remo (con gli annessi e connessi della lupa che li allatta...) e poi, abbandonata Alba Longa, decidono a loro volta di fondare un'altra città.

"Per popolare questa città – come racconta Plutarco - aprono un Asylum, un luogo in cui chiunque poteva essere accolto: gli schiavi non venivano riconsegnati ai loro padroni, né i debitori ai creditori o i condannati ai magistrati…"

Al momento di tracciare il confine della nuova città, Romolo "Scavò una fossa di forma circolare [….] in cui furono deposte le offerte di tutto ciò che è bello secondo i costumi e di tutto ciò che è necessario secondo la natura […]. Poi ciascuno gettò nella fossa una porzione della terra da cui proveniva, dopo di che le mescolarono"

I princìpi originari della nascita di questa città, destinata a diventare grandissima, sono dunque

  • l'accoglienza (in quella fossa fu deposto tutto ciò che era bello secondo i costumi e tutto ciò che era buono secondo la natura)
  • e la mescolanza (le terre di tutti quelli che erano convenuti da ogni dove...)

Questa rappresentazione della nascita di Roma, con la terra fatta delle tante terre su cui è destinata a sorgere, questa "apertura originaria", comunica anche un forte messaggio politico e può costituire un modello per un'Europa che oggi sembra invece cercare se stessa spezzettandosi in una moltitudine di nazioni "sovrane", in tanti "numeri primi", e sembra perdere di vista le necessità comuni alle quali dare una forte e comune risposta solidale.

Spesso l'Europa, per riprendere Maurizio Bettini, "sembra trovarsi in affanno di fronte alle diverse forme di alterità – di costumi, di idee, di persone – che si affacciano ai suoi confini." 

Eppure già Seneca invitando la madre Elvia a osservare le genti che popolavano Roma, annotava:

"Non tutti hanno avuto gli stessi motivi per abbandonare la loro patria e cercarne un'altra: alcuni, sfuggiti alla distruzione della loro città e alle armi nemiche e spogliati dei loro beni, si volsero ai territori altrui; altri furono cacciati da lotte intestine; altri furono costretti a emigrare per alleggerire il peso di un'eccessiva densità di popolazione; altri ancora sono stati cacciati dalla pestilenza o dai frequenti terremoti o da altri intollerabili flagelli di una terra infelice, altri, infine, si sono lasciati attirare dalla notizia di una terra fertile ...

Ognuno ha lasciato la sua casa per una ragione o per l'altra. Questo, però, è certo: che nessuno è rimasto nel luogo dove è nato. Incessante è il peregrinare dell'uomo.

In un mondo così grande ogni giorno qualcosa cambia: si gettano le fondamenta di nuove città, nascono popolazioni con nuovi nomi, via via che si estinguono quelle che c'erano prima o si incorporano con altre più forti. […]

L'impero romano ha il suo fondatore in un esule, in un profugo che giunse in Italia dopo che la sua patria fu conquistata, spinto a cercare terre lontane dalla necessità e dalla paura del vincitore […]"

Mi pare che lo spirito che anima Erasmus e tutti i ragazzi che vi partecipano costituisca una significativa risposta in sintonia con un atto costitutivo originario che si declina sui concetti di apertura, mescolanza, molteplicità, movimento.

Agire alla luce di queste categorie è oggi più necessario che mai, di fronte alla sofferenza di un pianeta in affanno cui la scienza cerca di dare una sua risposta, come vedremo nel corso di queste giornate grazie ai contributi di una nutrita schiera di studiosi dell'Università di Trieste e di Venezia, che ringraziamo per i preziosi e generosi contributi.

È però necessario ricordare che qualsiasi risposta al bisogno di aiuto di questo nostro pianeta non può funzionare se non si inserisce in un orizzonte di valori che faccia riferimento a un rinnovato umanesimo, dove ciascuno possa sentirsi davvero cittadino del mondo, legato alla propria terra ma pronto a riconoscere la "bellezza delle altre culture", la "bontà di ciò che è necessario secondo natura", e disponibile a "mescolare la propria terra con la terra altrui".

E qui soccorre un aneddoto raccontato da Beniamino Placido e riprodotto in un altro saggio dello stesso Bettini:

"Nei primi anni sessanta del Novecento uno scienziato americano si presentò di fronte a un'importante commissione federale per discutere la richiesta di finanziamento che aveva presentato al governo.

La commissione era presieduta da John Pastore, severo e temuto senatore repubblicano di Rhode Island. (Rod Ailand)

Lo scienziato comincia a esporre il proprio progetto, che riguardava una ricerca di fisica teorica, ma nel bel mezzo della spiegazione Pastore lo interrompe con questa domanda: "Professore, il suo progetto serve a difendere la nostra Patria?"

Lo scienziato rimase interdetto per qualche secondo, poi disse: "No. Ma serve a rendere la nostra Patria più degna di essere difesa".

La vostra sola presenza, qui, già rende il progetto Erasmus davvero degno di essere difeso.

Ma oggi si tratta proprio di difendere la nostra Patria comune: è necessario credere di poter creare il nostro futuro e costruire una "casa" sicura, nella quale ciascuno possa realizzare la sua umanità in "virtute et canoscenza".

La nostra terra è degna di essere difesa perché è il solo luogo in cui possiamo realizzare i nostri sogni e i nostri desideri.

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