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CINEFORUM 2019/2020 - I bambini ci guardano


Prossimo appuntamento

Venerdì 06 Marzo 2020

Andrej Tarkovskij

L'INFANZIA DI IVAN, 1962, 95’

AULA MAGNA - ORE 14.05 - INGRESSO LIBERO

 Tarkovskij

 

Cineforum 2019-2020
Sergio Amurri & Roberto Berlinghieri®
presentano

I BAMBINI CI GUARDANO

Teoria iconica dello sguardo infantile

400Colpi 

ATTIVITÀ VALIDA AI FINI DEL CREDITO SCOLASTICO

per il quale è sufficiente la firma di presenza dell’allievo

L’attività stessa potrà essere considerata valida ANCHE ai fini del PCTO (Percorsi

Competenze Trasversali e Orientamento) SOLO in presenza di almeno una recensione

originale scritta dall’allievo e dedicata a una delle opere cinematografiche alle quali ha

assistito

 

Teoria iconica dello sguardo infantile

Il Liceo Statale "XXV Aprile" di Portogruaro, anche per l'a.s. 2019-2020, propone un CINEFORUM APERTO A TUTTI coloro che, adulti e adolescenti, interni o esterni all'Istituto, siano interessati ad approfondire il discorso sullo specifico filmico. Per realizzare l’intento, il duo cinefilo Amurri & Berlinghieri® tenderà alla finalità di sempre: una fruizione corretta e adeguata del linguaggio cinematografico in modo alternativo, critico rispetto agli stereotipi commerciali divulgati dai mass media. E se la precedente rassegna indagava sullo stretto legame tra il Cinema e la Morte, il nuovo CINEFORUM non si discosterà dalle inquietudini di un’indagine morbosa, incessante, resa drammatica dalle avventure dello sguardo diegetico.

Ci sono film nei quali si ritrova il senso della prima immagine del mondo, quel senso che è innato nei bambini. I Lumière lanciavano questo sguardo, Méliès, Vigo, Chaplin, Rossellini, De Sica, Truffaut, Comencini, Tarkovskij, Wenders, solo per citarne alcuni. C'è un'estetica pittorica nei loro sguardi, la forza, la purezza dell'immagine, una verginità plastica che sprigiona emozioni primarie. L'affinità tra Infanzia e Cinema è tutta qua. Il mondo nasce da uno sguardo. Lo sguardo vergine dell'artista genera ogni creazione e il mondo nasce nell'occhio di ogni bambino. Lo sguardo infantile simboleggia l’impulso vitale che precede il disinganno, la perdita del sé, l'alienazione sociale. È una perpetua trasgressione della durata, un continuo anacronismo. L'infanzia è il punto di partenza di ogni cosa e il Cinema, in quanto edificio costruito sulla dittatura dello sguardo, elegge l'infanzia a sovrano, in una sorta di “cinegenìa” dell'infanzia. Attraverso l’occhio della macchina da presa osserviamo al ralenti il mondo, le crisi, i sogni, così come un entomologo studia una comunità di formiche. Il Cinema, i suoi movimenti, le sue rivoluzioni, i suoi ritorni alle origini, re-inventa l'infanzia e l'infanzia si reinventa al Cinema. Senza questa invenzione permanente, la vita si irrigidirebbe, affondando nel fango del vuoto, mentre «il bambino - scrive André Bazin - è il più misterioso, appassionante, sconvolgente dei fenomeni naturali. Una sorta di animale prediletto che intuiamo essere abitato dagli dei». Lo sguardo infantile circoscrive senza ipocrisia l'esistente, mette in rilievo i dettagli, abbraccia tutte le dimensioni, coincide con quello del regista rivelando quella totale mancanza di esperienza che li dispensa da qualsiasi patto di solidarietà con il mondo fisico, nella misura in cui attribuiscono alle cose una catarsi pittorica, una purificazione iconografica. Lo sguardo del bambino che giudica è quello da “scugnizzo” del Kid chapliniano, perduto eppure presente grazie alla sua innocenza. I gesti e i dialoghi si eclissano, diventano superflui rispetto alla ferita attraverso la quale il bambino “legge” il mondo. È uno sguardo avido, insoddisfatto, come se un trauma aleggiasse sul suo silenzio. Una successione di due inquadrature basta a spiegare ciò che trenta pagine di un romanzo non saprebbero fare e l'infanzia assume una dimensione esclusiva, “altra” rispetto a quella degli adulti. Il regista, da un punto di vista tecnico, monta una dopo l'altra due inquadrature: la prima riprende il bambino che osserva, l'altra ne sposa lo sguardo. Questa dissociazione tra sguardi è spesso rimarcata nel cinema di François Truffaut. Quando Antoine Doinel, ne I quattrocento colpi, un giorno per caso scopre (vede!) che la madre ha un amante: tutto avviene nel silenzio. L'infanzia è sconvolta nello spazio di uno sguardo dopo il quale niente sarà più come prima. Lo sguardo discreto della m.d.p. libera i silenzi dell'infanzia con un'ultima rivelazione. Il bambino si spoglia e mostra le proprie debolezze davanti a occhi estranei, nel santuario oscuro della visione cinematografica. Ma, tra i bambini che “ci guardano”, alcuni, come il rosselliniano Edmund di Germania anno zero oppure il protagonista de L'infanzia di Ivan di Tarkovski o il Pricò de I bambini ci guardano di De Sica, oltrepassano il punto di non ritorno, quello in cui la condizione infantile non è più recuperabile e nessuna grazia può essere concessa. Lo sguardo si fissa, il volto del bambino evoca una statua dalle mutilazioni invisibili. Nella interminabile sospensione, durante la quale il mondo interrompe la sua corsa, le cose si pietrificano e il bambino subisce un colpo mortale. All’improvviso scopre la morte. E il Cinema, l’arte del movimento, cristallizza questa pausa, quest'ultimo istante infantile, quando lo sguardo perde la memoria e il sogno dell'infanzia. La memoria s’insabbierà nei coni oscuri del soggetto e sarà evocata solo dal linguaggio, mentre il sogno non avrà altro che il sonno per manifestarsi.

Ecco perché i sette incontri del Cineforum rappresentano altrettante occasioni per lasciarsi guidare dallo sguardo infantile in un’esperienza al tempo stesso traumatica ed epifanica. Tutto questo - e molto altro ancora - è IL CINEFORUM di quest’anno. Parafrasando l’indimenticabile Humphrey Bogart di Deadline: “È il CINEMA, bellezza, il CINEMA! E tu non puoi farci niente! Niente…”. Buona visione.

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